Ischia
di Giovanna Vittori in "Natura
e Arte", 1907
Chi vuole avere una incancellabile
impressione dell'isola d'Ischia, deve approdare a Porto d'Ischia, una
bellezza orientale pei colori del cielo e del mare che si rinserra
tra la terra in due seni, uno vestibolo all'altro, e l'interno di figura
bizzarrissima, incurvandoglisi intorno, verso oriente, una stretta
lingua di terra rettangolare tutta un giardino vaghissimo alla cui
estremità fecero i Borboni,
che l'isola predilessero, sorgere un coffee-house sorridente al cielo
per la linea armoniosa della pagoda, i colori pittoreschi e gli alberi
che s'inchinano poeticamente ad ombreggiarla.
Le barche bianche, rosse, dalle tinte più varie e vivaci vogano
lietamente incontro al piroscafo, ma i viaggiatori indugiano rapiti
nella contemplazione di quella deliziosa scena della natura che si
svolge innanzi ai loro occhi in un silenzio devoto. Accostandosi alla
riva, gli uccelli dal Boschetto Reale, invisibili, l'interrompono
col garrire festoso. Dalla riva il quadro stupendo del mare, del cielo,
della cornice d'alberi che la brezza marina muove dolcemente verso
l'acqua, è anche più bello. Nelle ore crepuscolari da
una parte l'isola di Procida con la sua linea luminosa alla falda delle
case, delle chiese di cui i campanili si sollevano sulla montagna,
dall'altra la linea dei paesi flegrei che va lentamente sfumando verso
il Golfo di Gaeta e, dietro Procida, i monti della costiera e il Vesuvio,
che anche a così grande distanza s'annunzia per la vaga nuvoletta
di fumo che bacia il cielo, circoscrivono lontano lontano il mare che
a Porto d'Ischia appare limpido lago tra verdissime sponde, scintillantemente
azzurro.
A Porto d'Ischia il Palazzo Reale col Bosco, la Chiesa di Portosalvo,
collocata sapientemente di fronte all'unico porto dell'isola, salvezza
dei naviganti, lo Stabilimento balneare, elegante, meritano una
visita, prima che in carrozza si voglia volgere all'est o all'ovest
del porto, dirigersi cioè a Forio d'Ischia o ad Ischia propria,
la bella cittadina che dà nome a tutta l'isola e che è ricca
e superba dei suoi ricordi storici. (...)
A Lacco le donne col bambino in braccio lavorano svelte svelte,
anche camminando per via, cordoni di paglia, con cui poi si fanno cesti,
borse, oggetti d'ogni genere. Fermatevi sull'uscio d'una povera casa:
la mamma lavora contornata dalle sue bambine che, felici, agitano le
piccole dita, intrecciando la paglia benedetta. Nella scuola di perfezionamento,
fondata dopo il fatale ultimo tremuoto dalla duchessa di Ravaschieri,
dalla signora Palumbo e da madame Meuricoffre, che misero nell'opera
loro squisita intelligenza di carità e d'arte, si eseguono lavori
deliziosamente belli, ricami che gareggiano coi ricami in oro,
tanta luce diversa hanno le diverse qualità di paglia che vi
si adoprano, tanta varietà di riflessi ha quel miracoloso filo
di segala a seconda dell'inclinazione del punto, del raggio obliquo
o diretto che vi cade. Oltre questi lavori, non accessibili a
tutte le borse, se ne fanno migliaia ad intreccio d'una precisione
infinita, candidi o variopinti leggerissimi, e se ne eseguono anche
di quelli a cordone, non di troppo buon gusto certo, ma solidi e opportuni
per mettere a profitto l'operosità di donne e fanciulle capaci
solo d'un lavoro meccanico. Vendono alle fabbriche per mezzo soldo
un metro di cordone e ne costruiscono anche al buio tanto hanno gli
occhi nelle dita.
La via che si percorre da Lacco a Forio - il paese ricco dell'isola
- è tutta una festa di verde e di luce tra montagne e mare storiche
torri e grotte e valli, e sale sensibilmente. A Forio, una cittadina
tutta linda di cui il benessere si nota anche solo a traversarla, si
va specialmente per vedere il tramonto da una specie di terrazza sul
mare che circonda la Chiesa del Soccorso, e ne val la pena.
Il momento, in cui l'igneo globo del sole pare dietro Ponza tuffarsi
nell'onda, nello stesso piano in cui vi trovate, coi suoi riflessi
d'oro sulle case, le nubi vaghissime che l'accompagnano nel tolemaico
viaggio, vi fanno provare un dolcissimo godimento estetico. Il sole è sparito:
la scena cambia; l'isola di Ponza, dietro cui si precipita, si disegna
nettamente sull'orizzonte e restan fasci di luce rossa, aranciata,
intensa tra mare e cielo. Spettacolo sempre commovente e indescrivibile
quello del tramonto, imponente se, come a Forio, mare e cielo senza
confini si stendono dinanzi a voi e le montagne chiudono il quadro!
Mentre a Porto d'Ischia il tempio, di cui Ferdinando II metteva la
prima pietra, poteva intitolarsi di Porto Salvo, del Soccorso s'intitolò il
tempio votivo che sorse sulla punta dell'isola che si protende sul
mare, perché l'acqua freme quasi sempre in quel punto e i marinai
si votano al Crocifisso, alla Madonna e, quando approdano, a ricordo
del soccorso, non invocato invano, lasciano testimonianza della loro
fede nel tempio la cui cupola di lontano, nell'ampiezza del mare,
parlò di speranza.
Il Crocifisso è di legno e narrano fosse trovato sul lido. Sul
corpo del Crocifisso il marinaro riconoscente appunta medaglie, monete
d'oltre oceano, orologi; ciascuno quello che teneva più caro,
sicché il legno è sparito sotto migliaia di oggetti diversi
e quel Cristo, nel buio della cappella ove si venera, ha qualche cosa
di misterioso, di lugubre che mette spavento. Ma nessuna più caratteristica
chiesa di questa del Soccorso, slanciata nel mare, sulla punta che del
Soccorso si chiama, colle sue immagini misteriose, coi bastimenti in
miniatura sui capitelli delle povere colonne negli angoli, dovunque,
con mille incisioni rappresentanti navi francesi, spagnuole, americane
in cui tutto il frasario votivo venne adoperato.
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