Da Napoli a Ischia (2)
di Cesira
Pozzolini Siciliani (in Napoli e dintorni,
Napoli 1879)
a Ischia...
Monti acuminati e pittoreschi; collinette civettuole dalle seducenti
attrattive d’una ricca vegetazione, paeselli ameni, palazzine
candide, casini deliziosi, sentieri freschi ed allegri; il mare che
tra vigneti e giardini olezzanti si nasconde in mille seni svariati,
e qua placido e azzurro si cela nelle grotte, là irato e
spumante si frange agli scogli, e più là abbonito
carezza e bacia con perpetua voluttà la più bella,
la più vasta isola del
golfo... Che spettacolo! Ecco l’avanguardia, ecco lo scoglio gigantesco e brullo....
- Una rocca fortificata anche qui?
- È il vecchio castello costruito da Alfonso I d’Aragona,
ridotto poi a Bagno pe’ condannati politici. Di che patimenti,
di che martirii, di che fermi e forti propositi e di quante generose
aspirazioni non è testimone quella infausta rocca!
Il mare qui è sempre più limpido e tranquillo. A fior
d’acqua scherzano gli alcioni, saltellano i merluzzi, fan capolino
e si rituffano i delfini, guizzano luccicando le aurate, legioni di
siluri si rincorrono, frotte di remore s’aggruppano, ma non
arrestano il corso del più rapido vascello, come credevano
gli antichi. Sciami di lucci e maccarelli, moltitudini di lamprede
e di microcospici viventi si stringono insieme, spariscono e riappariscono
ai fianchi del battello accompagnandoci quasi come per festeggiare
il nostro arrivo.
La marina riflette l’estremo raggio del sole. Tutta la superficie
delle acque si tinge tremulando delle più vaghe sfumature del
croco, e le aure della sera fresche e soavi rinvigoriscono ed inebriano.
Agili barchette accorrono di qua, giungono di là, e il battello
con insensibile movimento appressandosi alla riva, scioglie le àncore
a Casamicciola...
Casamicciola è il paesello più ridente, il luogo più vago
e poetico dell’isola d’Ischia. Siede sovra una collina
mezzo ascosa fra’ monti, e si sparpaglia in tanti casini e villette
che biancheggiano a dritta e a manca fra il verde cupo degli aranci
e de’ limoni, de’ pini e de’ castagni, popolando
così incantevolmente breve spazio di terra sulla costa settentrionale
dell’isola.
Salendo a destra per una strada tortuosa e ombreggiata s’incontra
la Sentinella piccola, un albergo ch’è davvero
un piccolo paradiso. Su al primo piano un’infilata di camere,
tutte libere, e, se vuoi, in comunicazione l’una con l’altra,
rispondono sopra un gran terrazzo, e guardano a mezzogiorno una vallata
sparsa di case e d’oliveti, cinta di colline con dolci declivi,
mentre al di sopra si elevano brulle e acuminate le cime dell’Epomeo,
del Monte Rotaro, la guglia di S. Nicola ed altre
montagne che sul fondo azzurro del cielo disegnano contorni svariati
e ghiribizzosi
A settentrione tutte queste camere mettono in un delizioso giardino,
dove boschetti d’aranci e di limoni, pergolati d’uva eccellenti,
rose e vainiglia e cento altri fiori odorosi invitano a godere piacevolmente
il fresco in pieno meriggio. Che beatitudine sotto questi alberi,
fra le aiuole tutte fiorite o sul terrazzo con la prospettiva de’
monti e la vista del mare giù a sinistra! Un viale ombreggiato
scende a manca di fianco all’Albergo, e conduce a un berceau
coperto di roselline rampicanti e di convolvoli in fiore. Che gradevole
panorama da quel berceau! A levante Procida, il Monte di Procida,
il capo Miseno, e più lungi minaccioso e fumante il Vesuvio.
A settentrione, all’estremo orizzonte, le montagne di Gaeta
confuse con le nubi. A ponente, fra cielo e mare, le isole di Ponza
e di Santo Stefano….
Ma tutto questo è nulla se di buon mattino tu sali a Montagnone,
e da quell’altura che domina superba il mare, i golfi, le isole,
i castelli e le ville infinite, vedi sorgere il sole là di
dietro il Vesuvio in tutto lo splendore della sua pompa. Pare anzi
che sorga dal seno stesso del cratere, e quando il disco luminoso
è uscito fuori, e si libra ardito per l’aperto cielo,
la cima della montagna rassomiglia ad un incendio, e la colonna di
fumo si colorisce per modo che pare una gran fiamma inestinguibile.
Allora strisce di nebbiolina d’oro mobilissima e fasce di polvere
d’ambra si espandono e scendono giù per le falde del
monte. Allora la marina tremula e luccica sempre più irrequieta,
e le isole, le coste, le colline, i seni, le piagge e il golfo sembrano
in festa. Una passeggiata in quell’ora mattutina, in su l’alba,
quando tutta la natura si ridesta alla vita, e cantano gli augelletti,
e la rugiada brilla, e i mille fiori mandano al cielo novello incenso
di soavi profumi, è dolcezza che l’anima sente, ma non
ridice.
E s’è bello di lassù il sorgere maestoso del sole,
quanta soave mestizia non infonde nell’animo il suo placido
tramonto! Ogni sera percorrendo su’ nostri asinelli un sentiero
pittoresco fra’ monti, s’arriva sul pendio occidentale
dell’isola, e lì ci si ferma per contemplare uno spettacolo
solenne e sempre nuovo: il sole, questo grande occhio di Dio, che
rosso come fiamma viva imporpora quella parte di cielo e di mare che
sembra accoglierlo, e le vaghe nuvolette danzatrici dell’aria
che lo accompagnano nel suo tramonto, mentre dietro 1’isola
di Ponza, ricinto degli ultimi splendori, s’immerge nel Mediterraneo.
Ma la più bella di tutte le passeggiate è quella sull’Epomeo.
L’Epomeo, il monte più elevato dell’isola, era
un vulcano formidabile, che molto tempo prima del Vesuvio dalla cima
e dai fianchi vomitava fiamme, lava e acqua bollente.
Una volta l’eruzione dell’Epomeo fu così spaventevole
che gran parte della popolazione greca primitiva ebbe a fuggire dall’isola.
Si ricordano ancora altre eruzioni non meno terribili; quella avvenuta
92 anni avanti Gesù Cristo ed altre sotto Tito, sotto Antonino
Pio, sotto Diocleziano, ecc. Gli antichi poeti raccontano che il gigante
Tifeo colpito dal fulmine di Giove, restò sepolto sotto questa
montagna, come Encelado sotto 1’Etna. E che gemendo vomitava
torrenti di fuoco. L’ultima eruzione rimonta al 1302; e questa
volta un fiume di lava, apertosi un insolito passaggio a traverso
le spalle del monte, si precipitò nel mare poco lungi dal paese
d’Ischia. Si vede anche oggi una striscia nera e sterile chiamata
lava dell’arso e la vegetazione dopo tanti secoli stenta a ricoprirla.
In vetta al monte, scavato nel tufo vulcanico, s’apre un romitorio
e una cappella, la cappella di S. Nicola; e l’eremita che vive
lassù ha sempre un pezzo di pane da offrirvi, e un buon bicchiere
divino per dissetarvi. Il Belvedere dell’Epomeo è qualche
cosa di magico e di fantastico. Qual altro luogo dei dintorni di Napoli
può vantare il panorama che si gode da quell’altezza?
L’isola è tutta bella. Da Casamicciola si va
a Ischia per una strada delle più amene, e s’arriva
fino al lago d’Ischia, un vecchio cratere pieno di
acqua salsa messo poi in comunicazione col mare perché, in
caso di burrasca, possa offrire sicuro asilo alle navi. Il villino
reale è lì presso in mezzo a giardini olezzanti. Da Casamicciola si va a Forio, giù alla punta
occidentale dell’isola, e di lì costeggiando la marina
si riesce a Casamennella e poi si ritorna per Lacco Ameno.
Quanto c’è da divertirsi percorrendo in groppa a un asinello
questi monti, attraversando queste pendici, visitando questi paeselli!
Potrai assistere alle solite feste che finiscono sempre con mortaretti,
razzi e girandole; potrai sentir raccontare le solite tradizioni religiose
e i soliti miracoli; osservare le solite abitudini meridionali, e
studiare le usanze e i costumi isolani.
La patrona dell’isola è Santa Restituta. Questa
vergine africana, abbandonata dopo il martirio al furore delle onde
su piccola navicella, approda esangue in riva a Lacco Ameno; e i buoni
Lacchesi le innalzano un tempio, le fondano un convento e il 17 Maggio
d’ogni anno la festeggiano ancora con tutta solennità,
con frequenza grande di popolo, con preghiere, processioni, mortaretti
e tarantelle. Quanta fede e quanta divozione anche qui!
A Ischia le carrozze grandi e comode non si sognano. Tutta l’isola
ha un circuito di ventotto chilometri, ma non c’è carrozzabile
altro che la strada della marina e quella che, a Casamicciola, conduce
agli stabilimenti balneari. Tutte le altre vie s’arrampicano
su per le coste, e perciò a Ischia abbondano tanto gli asinelli.
Qualche mulo, qualche giumenta, qualche cavallo, e poi ciucci d’ogni
età, ciucci di ogni colore, ciucci d’ogni grandezza,
e ragazzi e giovanotti che gli frustano e gli spunzecchiano maladettamente
accompagnando le nerbate persuadenti con certi Aaaah! Jaah! sonori
e prolungati.
E come sono pazienti! come si prestano ad ogni servigio! come danno
prova di mansuetudine esemplare questi poveri ciucci! Vispi, agili,
e rotondetti par che si compiacciano delle selline all’inglese
e del percal rigato che ricopre e scende giù dalla sella. Chi
arriva col battello, chi va al bagno, chi esce a diporto, tutti cavalcano
ciucci. E chi per malattia non può montare in sella, siede
comodamente sopra poltrone a bracciuoli raccomandate a due stanghe
portate da due uomini con l’aiuto d’una forte cigna pendente
loro davanti dalle spalle, nella quale infilano le estremità
delle stanghe. Quante di queste portantine si veggono in giro per
Casamicciola e su per le balze muscose di questi monti!
La piazza degli Stabilimenti balneari è sempre affollata, sempre
piena di portantine, di ciucci e di ciucciari che aspettano all’uscita
i bagnanti. Perché se Casamicciola come paesaggio è
un soggiorno delizioso, è anche un luogo dove accorrono coloro
che nella virtù delle sue acque termo-minerali ripongono l’ultima
speranza di guarigione. Chi soffre da lungo tempo affezioni erpetiche,
nevralgie croniche, paralisi e che so io, tutti vengono qua. Ci sono
sorgenti bicarbonate, sorgenti clorurate, sorgenti sodiche, tutte
d’una grande efficacia. L’acqua del Gurgitello è la più stimata, e sgorga abbondante a’ piè
dell’Epomeo lì presso ai tre Stabilimenti balneari. Questi
stabilimenti sono degni d’una grande città; i due particolari
appartengono ai signori Manzi e Belliazzi; l’altro,
il Monte della Misericordia, fu costruito due secoli fa a
benefizio dei poveri.
Sperimentata la virtù prodigiosa di queste acque termali, non
c’è da meravigliarsi se dall’America, dalla Russia,
dall’Inghilterra, dalla Francia, da ogni parte del mondo convengono
malati a Casamicciola a cercar salute. Qui tutti raccontano prodigi,
vi citano esempi di morbi crudeli, casi di strane malattie, e vi narrano
guarigioni da sbalordirne.
E sicura di vincere una singolar forma di paralisi, una giovanetta
americana bella, bionda, pallida, sentimentale non ha temuto d’attraversare
l’Oceano e di venire sin qui sola, in compagnia d’una
cameriera, a Casamicciola! Tutti i giorni, dopo pranzo, alla medesima
ora, si apre la persiana della sua stanza; e, quasi fantastica figura
avvolta in bianco velo, ella appare sulla soglia, si trascina sul
terrazzo, s’adagia sopra una poltrona a bracciuoli, e malinconica
sempre, solitaria, silenziosa, guarda i monti eccelsi, contempla l’aperto
mare, e spinge lo sguardo nel profondo azzurro del cielo... I suoi
bei capelli d’oro le scendono inanellati giù per le spalle.
Un nastro celeste le cinge il capo come un’aureola, e una fascia
dello stesso colore accoglie e stringe intorno alla vita le abbondanti
pieghe della veste leggerissima e trasparente che quasi candida nube
circonda la bella persona.
Quanta bellezza, quanto languore in quegli occhi grandi e cilestrini!
Che eleganza di linee e che delicatezza di profilo in quel volto!
Ma perché un fuggevole sorriso mai non isfiora quelle labbra
vermiglie?
Nessuno osa accostarsi a lei.... Certo il suo pensiero non è
qui. Gli occhi suoi guardano distratti, guardano, ma non veggono questi
monti, questo mare, questo cielo.... Una lettera ha nelle mani e quella
lettera legge, e rilegge, e torna a leggere le mille volte! Povera
illusa! Un amante infedele ti ha forse tradita? ovvero presti fede
alle facili promesse d’un eterno amore? Povera illusa!....
A pochi passi di lì sul medesimo terrazzo, intorno al professor
Tommasi si raccoglie sempre un crocchietto d’ammiratori e d’amici;
ed egli, piacevolissimo anche in mezzo alle dure sofferenze de’
suoi nervi, racconta un mondo di cose belle e peregrine infiorandole
di motti arguti e di frizzi gentili e vivacissimi.
- Non parta, per carità! - mi diceva l’ultima sera stringendomi
la mano - non parta! Se resta qui le prometto d’occuparla quattr’ore
al giorno.... le racconterò un monte di belle cose….
E poi non vede che quest’isola è un incanto? Dove vuol
trovare un soggiorno più delizioso di questo?... Le racconterò
di Vittoria Colonna che, rimasta vedova del Marchese di Pescara, venne
qui….
- “A sfogar sulla cetra il suo dolore” lo so!...
su