di Gioacchino
Vallariello
La nascita dell’Orto botanico di
Napoli è legata al Decreto di fondazione del 28 dicembre
1807, firmato da Giuseppe Bonaparte. La realizzazione dei lavori,
iniziati durante la dominazione francese e proseguiti durante
la Restaurazione Borbonica, fu curata dagli architetti Giuliano
De Fazio e Vincenzo Paolotti. Dell’organizzazione scientifica
della nascente struttura si occupò l’insigne botanico
partenopeo Michele Tenore che ne fu direttore dal 1808 al 1860.
Attualmente l’Orto botanico si estende per circa 12 ettari
nei quali sono coltivate circa 10.000 specie vegetali per un totale
di 25.000 esemplari. Le attività svolte nell’Orto
botanico riguardano l’arricchimento e il mantenimento delle
collezioni vegetali, la ricerca scientifica, la didattica e soprattutto
la conservazione di alcune specie vegetali in via di estinzione.
Le diverse aree dell’Orto botanico presentano aspetti differenti
legati alla diversa modalità di utilizzo delle zone, a
seconda che siano dedicate prevalentemente alla cura oppure all’esposizione
delle collezioni vegetali. Tali differenze vengono rese più
complesse dalla presenza di esemplari storici di particolare rilevanza,
dalle trasformazioni operate nel tempo relativamente alle destinazioni
d’uso delle aree verdi e delle pertinenze architettoniche.
La Serra Monumentale o Serra Merola, costruita pochi
anni dopo l’inaugurazione dell’Orto botanico in stile
neoclassico, serve da ricovero in inverno per le piante provenienti
da zone tropicali o subtropicali. Solo in epoche recenti questa
struttura, è stata dotata di un impianto di riscaldamento
In prossimità della Serra Merola si trova un imponente
gruppo di lecci (Quercus ilex). Si tratta delle piante
più vecchie presenti in Orto, dell’età di
almeno 200 anni e quindi precedenti la fondazione di questa istituzione.
In vicinanza si trova il moderno complesso delle Serre Califano,
che copre una superficie di circa 5000 mq e si compone di vari
ambienti che accolgono collezioni di Cycadales, Bromeliaceae,
succulente tropicali, felci, piante insettivore e talune specie
di piante tipiche delle mangrovie.
Tra le collezioni presenti nell’Orto botanico quella delle
Cycadales è senz’altro la più prestigiosa.
Essa annovera circa 1000 esemplari appartenenti a 90 specie. Di
particolare interesse Encephalartos woodii, pianta originaria
del Sud Africa, estinta in natura e conservata solo in pochissime
collezioni botaniche.
Il Castello, una costruzione risalente al XVI o al XVII secolo,
inglobato nell’Orto botanico all’atto della sua fondazione,
per lungo tempo fu sede dell’attività didattica e
nei suoi ambienti erano ospitati, tra l’altro, il Laboratorio,
il Museo, l’Erbario e la Biblioteca; attualmente, tale edificio
è il centro delle attività tecniche e amministrative
dell’Orto e i suoi locali ospitano uffici, magazzini e il
Museo di Paleobotanica ed Etnobotanica.
L’agrumeto, un’area prospiciente il Castello, raccoglie
una collezione di agrumi che comprende piante introdotte nell’Orto
botanico durante il periodo borbonico. Si tratta in genere di
varietà di arancio amaro (Citrus aurantium) con strane
caratteristiche morfologiche che rendono queste piante atipiche:
es. la foglia crespa nel “melangolo riccio”, la buccia
percorsa da canali nello “scompiglio di Venere”, oppure
la varietà con la buccia a strisce alternate di colore
giallo e arancione nota con il nome di “braghe tedesche”.
Altri esemplari storici vegetano in prossimità del Castello:
nel cortile cresce un notevole esemplare di Gardenia thunbergia,
ai due lati del portone d’ingresso sono presenti due grandi
individui di Eugenia myrtifolia. In un’area antistante il
Castello è infine coltivato un enorme esemplare di Camellia
japonica, forse uno dei primi introdotti in Europa.
Di recente allestimento o ristrutturazione sono invece le aree
dedicate alla coltivazione delle succulente, delle piante epifite,
delle idrofite, delle palme, delle gimnosperme, delle piante di
clima mediterraneo.
La Sezione Sperimentale delle Piante Officinali nata nel 1928
e diventata negli anni settanta parte integrante dell’ Orto
botanico, ha scopi didattici e di acclimatazione di piante esotiche
che possano avere interesse da un punto di vista farmacologico
e industriale. Quest’area è suddivisa in tre sezioni:
i campi sperimentali, il frutteto e la zona espositiva che è
l’unica a cui può accedere il pubblico. Nell’area
espositiva si possono osservare numerose specie usate per l’alimentazione
umana, piante tintorie, piante utilizzate per la produzione di
essenze e fibre.
Nei campi sperimentali sono coltivate numerose specie di interesse
medicinale. Nel frutteto sono coltivate alcune varietà
rilevanti in passato dal punto di vista agricolo ed ora praticamente
scomparse dall’attività produttiva.
Il secondo piano del Castello ospita il Museo di Paleobotanica
ed Etnobotanica. La sezione dedicata alla Paleobotanica occupa
l’ingresso e le prime due sale descrivendo nel complesso
l’evoluzione delle piante terrestri dal Siluriano (435 milioni
di anni fa) fino ai nostri giorni. La sezione dedicata all’Etnobotanica
occupa le tre sale successive e presenta una selezione di oggetti
costruiti con materiale vegetale, proveniente soprattutto da Asia
e da America Centrale e Meridionale. L’esposizione degli
oggetti nel Museo è organizzata in modo da evidenziare
i rapporti tra alcuni gruppi etnici e la componente vegetale dell’ambiente
circostante. Per i campioni esposti sono indicati: il nome indigeno
dell’oggetto, il nome locale e quello scientifico delle
piante utilizzate per la sua costruzione e notizie sull’uso
dell’oggetto stesso. Quando possibile sono mostrate le fibre
grezze e lavorate utilizzate per la manifattura degli oggetti.